lunedì 29 ottobre 2012

Utopia

Opera del letterato e politico inglese Thomas More (1478-1535).

"Utopia", secondo l'etimologia greca collegata da More a questo nome, significa "nessun luogo", e serve a indicare l'idealità dello Stato proposto dall'umanista inglese all'attenzione dei suoi contemporanei, al modo stesso della Repubblica di Platone, alla quale in parte si ispira. Tale fu il successo dell'opera, che rapidamente il nome proprio diventò nome comune, usato ancor oggi per designare un progetto che si distacca nettamente e criticamente da quella che è la situazione politico-sociale esistente. L'opera venne pubblicata nel 1516, e risente per un lato delle delusioni personali dell'autore, di fronte alle pesanti difficoltà da lui incontrate agli inizi della sua carriera politica e amministrativa, ispirate alla più disinteressata ricerca del bene comune e alla più rigida imparzialità: orientamento al quale non sarebbe mai venuto meno, benchè più tardi salisse fino ai fastigi della carica di Lord cancelliere del regno, e che lo avrebbe portato al contrasto insanabile con Enrico VIII e alla conseguente morte sul patibolo. Per un altro verso, l'Utopia è uno dei documenti più espressivi degli ideali filosofici dell'umanesimo inglese, che attraverso la mediazione di John Colet aveva assorbito, dell'umanesimo italiano, soprattutto la componente platonica sviluppata da Marsilio Ficino e dalla sua scuola fiorentina. Lo scritto si divide in due libri, nel primo dei quali More dà una rappresentazione fortemente critica delle condizioni politico-sociali dell'Inghilterra del tempo, mentre nel secondo descrive i lineamenti dello Stato ideale che appunto colloca nell'immaginaria isola di Utopia. Seguendo i moduli del dialogo platonico, l'autore immagina di riferire gli episodi salienti di una discussione avvenuta tra lui stesso, l'umanista Peter Gilles (al quale è dedicata l'opera) e uno straniero, Raphael Hythloday ad Anversa, qualche anno prima. Hythloday è un nome a chiave (riferito al greco, significa qualcosa come "l'ardente dialettico"), e il personaggio ha nel dialogo la funzione di esprimere le idee più polemiche e innovatrici dell'autore, mentre il personaggio di More esprime opinioni più moderate. Hythloday viene presentato a More da Gilles, che ne vanta le conoscenze vastissime in materia di usi e costumi stranieri, avendo egli viaggiato per tutto il mondo al seguito di Vespucci. More osserva che un uomo che ha accumulato tanta esperienza politica potrebbe metterla a servizio degli statisti, ma l'altro se ne schermisce, obiettando che "la maggior parte dei capi di Stato si occupano tutti più volentieri di cose militari che di buone imprese di pace ... e mettono molto più zelo a cercar come acquistare, bene o male, nuovi regni, che a ben reggere quelli acquistati": inoltre i principi non cercano consigli razionali e prudenti, ma solo consenso alla loro politica. Hythloday chiarisce il proprio punto di vista narrando di una discussione nella quale si trovò impegnato una volta alla tavola del cardinale John Morton, arcivescovo di Canterbury. Avendo un tale fatto l'apologia dell'applicazione della pena di morte ai colpevoli di furto, egli aveva obiettato che una tal punizione era troppo crudele, e nel contempo inefficace. Attraverso il discorso di Hythloday, l'autore enuncia una serie di considerazioni sull'origine sociale del delitto, e sulla necessità di razionalizzare e umanizzare le pene, di stupefacente modernità: l'esistenza di un gran numero di ladri, nonostante la severità delle pene, viene da lui spiegata infatti con le condizioni estremamente miserevoli in cui si trovano coloro che non sono più in grado di lavorare, o perchè resi inabili dalle conseguenze delle guerre ("costoro sacrificano le loro membra per il re e per lo Stato: ma poi la debolezza impedisce loro di riprendere il mestiere di prima, come l'età di impararne un altro") o perchè scacciati brutalmente dai loro campi per far posto ai pascoli, dai quali i nobili traevano guadagni maggiori, dato l'alto prezzo della lana. More è forse il primo scrittore politico a chiarire con tanta lucidità i termini di una rivoluzione economica che per l'Inghilterra dell'epoca ebbe un'importanza fondamentale: la conversione a pascolo della maggior parte delle terre coltivate. In questo senso Hythloday afferma che le pecore inglesi, un tempo così mansuete "cominciano a essere così voraci e indomabili da mangiarsi financo gli uomini, da devastare, facendone strage, campi case e città". D'altra parte, anche le pene andrebbero riformate: punire un furto con la morte, cioè con la medesima pena comminata agli omicidi, significa trasformare ogni ladro in un potenziale assassino. Si dovrebbe invece riabilitare i ladri col lavoro, facendoli vivere in mezzo agli altri, benchè sottoposti a certe misure che ne assicurino la sorveglianza. La conclusione del primo libro, comunque, è che "non è possibile distribuire i beni in maniera equa e giusta, o che prosperino le cose dei mortali, senza abolire del tutto la proprietà privata. Finchè dura questa, durerà sempre, presso una parte dell'umanità che è di gran lunga la migliore e la più numerosa, la preoccupazione dell'indigenza, col peso inevitabile delle sue tribolazioni". Qui si innesta, per occupare poi l'intero secondo libro dell'opera, la descrizione dello Stato razionale di Utopia, in cui appunto è stata abolita ogni forma di proprieta. Le città sono costruite con criteri razionali di suddivisione degli abitanti, secondo numeri fissi, e così avviene per le fattorie nelle campagne: tutti i cittadini, maschi e femmine, sono tenuti a lavorare sei ore al giorno: il resto del tempo sarà dedicato agli studi e a sani svaghi. In Utopia si pratica la rotazione del lavoro, per cui tutti sono tenuti, per esempio, a lavorare almeno due anni nelle campagne, salvo i magistrati e pochi intellettuali, che sono esentati dal lavoro manuale. Non esistendo proprietà, i cittadini si procurano senza denaro ciò di cui hanno bisogno, tenendo presente che basta loro ben poco, poichè le loro vesti sono rozze, ancorchè curatissime nella pulizia e i pasti vengono presi in comune dagli inquilini delle varie unità di quartiere in appositi alberghi. L'oro è considerato un metallo vilissimo, con cui si fabbricano catene per gli schiavi e contrassegni d'infamia.

Questo popolo così equilibrato e austero viene ovviamente molto controllato: i magistrati sorvegliano continuamente che nessuno si abbandoni alla pigrizia, le licenze sessuali al di fuori del matrimonio vengono represse con energia, e così i tentativi di viaggiare all'interno o all'estero senza il permesso dell'autorità: in compenso, si gode in quel Paese della più larga tolleranza in fatto di religione, essendone esclusi solo gli atei e i materialisti. Non stupisce che, nei secoli seguenti, il termine "utopia" abbia finito per significare soprattutto un complesso di ideali, di cui si escludeva a priori ogni possibilità di realizzazione.

domenica 28 ottobre 2012

Un uomo per tutte le stagioni

"Un uomo per tutte le stagioni" è un film del 1966 diretto da Fred Zinnemann, tratto dalla pièce teatrale di Robert Bolt, adattata per il cinema dallo stesso autore, vincitore di sei Premi Oscar, tra cui quelli per il miglior film e il miglior regista.
Il film è una realizzazione di austera ma elegante dignità sul conflitto di cui Thomas Moore, poi santificato dalla Chiesa, fu l'eroica vittima.

Titolo originale: "A Man for All Seasons"
Paese di produzione: Gran Bretagna
Anno: 1966
Durata: 120 min
Genere: storico, drammatico
Regia: Fred Zinnemann
Soggetto e sceneggiatura: Robert Bolt
Produttore: Fred Zinnemann
Cast: Paul Scofield (Thomas More), Wendy Hiller (Alice More), Leo McKern (Thomas Cromwell),    Robert Shaw (Enrico VIII), Orson Welles (cardinale Wolsey), Susannah York (Margaret More), Nigel Davenport (duca di Norfolk), John Hurt (Richard Rich), Corin Redgrave (William Roper).

venerdì 26 ottobre 2012

Ballata per 4 stagioni

"Primavera che sbocci fra i fiori e i colori
ed annulli nei raggi di un sole insicuro
l'umidore muschioso attaccato a quel muro
e le bocche gelate dei portoni di ferro

E cantando nel vento, più tiepida rendi
la pioggia d'aprile che accende di verde
le persiane e i cortili rende simili a laghi
a specchi di latta fra barattoli e stracci.

E l'amore tu porti innocente e distratto
come un magico frutto

Ballata, ballata per quattro stagioni
ormai morte da tempo

E avanti all'estate che ti prende alle spalle
e non dà tempo per dire "Accidenti che caldo!"
che già ti rigiri nel tuo letto bollente
fra le lenzuola bagnate dai tuoi mille pensieri

E ben venga l'estate, col sole che picchia
a martello negli occhi e fa un cielo più basso
di un deserto di pietre dove ronzano mosche
in tondo senza alcuna ragione

E nascosti nell'erba mi hai dato l'amore
e il tuo primo dolore

Ballata, ballata per quattro stagioni
ormai morte da tempo

E avanti all'autunno, così tenero e sfatto
come un volto di donna che ha dato ormai tutto
senza chiedere nulla, soltanto il bisogno
di esistere ancora nei sogni di un uomo

Ormai il nostro amore è come un bimbo malato
che non ha più respiro, non può esser guarito
singhiozza nel vento di un grigio novembre
che affonda pian piano in paludi di nebbia

E un ricordo soltanto anche se breve
i tuoi seni bianchi come la neve

Ballata, ballata per quattro stagioni
ormai morte da tempo

E avanti all'inverno con le mandorle e i frutti
mangiati nell'ombra di una stanza proibita
fra l'odore dolciastro dei fichi seccati
e le paste di crema ormai tutte assaggiate

Mentre di là nella sala si gioca alle carte
coi volti infuocati ed i nasi paonazzi
e le bocche allargate a masticare canditi
e gli occhi annacquati dal vino bevuto

Ed io ucciso di noia sto a contare le ore
pensa un po' che Natale

Ballata, ballata per quattro stagioni
ormai morte da tempo

Ballata, ballata per quattro stagioni
ormai morte da tempo"

Ivan Graziani
Ballata per 4 stagioni

giovedì 25 ottobre 2012

Antonio Vivaldi, "Gelido in ogni vena"

Aria "Gelido in ogni vena", dall'opera "Il Farnace" di Antonio Vivaldi
Cecilia Bartoli, mezzosoprano
Orchestra "Il Giardino Armonico"

 

mercoledì 24 ottobre 2012

Vena

In anatomia si definisce vena quel vaso sanguigno che porta sangue dalla periferia del corpo al cuore.

martedì 23 ottobre 2012

Avena

E' uno dei cereali contenenti più proteine (fino al 17%) e meno carboidrati, ed è quello che contiene più grassi in assoluto. Se a questo aggiungiamo l'11% di fibre, otteniamo uno dei cereali con il più basso indice glicemico, che la rende particolarmente adatta per i diabetici.

È ricca di potassio e di vitamine del gruppo B.
 Tra le popolazioni del Nord Europa viene usata spesso per preparare zuppe e dessert (tra i quali ricordiamo il porridge, tipico piatto anglosassone realizzato con la farina d'avena), mentre in Italia è comunemente usata come foraggio per gli animali, specialmente per i cavalli, e molto meno per l'alimentazione umana.
Può essere consumata:
- in chicchi: facendola bollire può essere sostitutiva del riso, o può essere consumata come contorno per carni, oppure per insalate fredde;
- in fiocchi: si può consumare sia cruda che cotta, per produrre zuppe e dolci;
- la farina d'avena invece è adatta per prodotti da forno come biscotti, pane o altro, mescolata a piacere anche con altre farine.
L'avena viene usata inoltre per la produzione del whisky, una bevanda alcolica ottenuta dalla germinazione di cereali. Il Tennessee whisky, prodotto negli Stati Uniti (uno tra i primi Paesi produttori di avena), utilizza anche l'avena oltre all'orzo, la segale, e il mais.

Cristina D'Avena

Cristina D'Avena (Bologna, 6 luglio 1964) è una cantante, attrice e conduttrice televisiva italiana.

Ha inciso quasi 700 brani tra sigle (di cartoni animati, telefilm, trasmissioni televisive) e canzoni varie. Ha pubblicato 152 album (dal conteggio sono escluse le ristampe e determinate raccolte) e 74 singoli (di cui uno destinato esclusivamente al mercato francese, due promozionali e due rilasciati inizialmente come digital download); tra album e singoli, quindi, vanta oltre 200 pubblicazioni discografiche che, ad oggi, hanno venduto un totale di circa 6 milioni di copie.

All'età di 3 anni e mezzo esordisce cantando Il valzer del moscerino alla decima edizione della rassegna canora per bambini Zecchino d'Oro; il brano si aggiudica il 3º posto. Dopo l'esperienza allo Zecchino d'Oro, rimane all'Antoniano come componente del Piccolo Coro fino al 1976, ma continuerà a frequentarlo per altri 5 anni accompagnando la sorella Clarissa, nata 10 anni dopo di lei e anche lei diventata nel frattempo componente del coro.

Lo Zecchino d'Oro è la rassegna canora internazionale di musica per l'infanzia più importante del mondo ed è trasmessa in un apposito programma televisivo.

È considerato un evento che pian piano è divenuto parte del costume e patrimonio culturale italiano delle generazioni nate a partire dagli anni sessanta. Tale valore è testimoniato dall'attribuzione, nell'aprile 2008, della targa "Patrimoni per una cultura di pace", consegnata nel corso di una cerimonia organizzata dai Club e Centri UNESCO.

lunedì 22 ottobre 2012

Oh che bel castello!


Castello di Amboise

Il castello di Amboise sovrasta la valle della Loira presso la località francese di Amboise, nel dipartimento dell'Indre e Loira. Insieme ad altre strutture analoghe, è annoverato tra i Castelli della Loira.

Le fortificazioni iniziali risalgono al XIII secolo; le prime costruzioni significative del periodo successivo vi furono fatte erigere da Carlo VIII, che era nato e cresciuto ad Amboise.

La Cappella Saint-Hubert, sita all'esterno del corpo principale, è in stile gotico flamboyant e adornata da scene di caccia. L'architrave del portale d'ingresso è una rappresentazione dell'apparizione divina cui Hubert assistette durante una partita di caccia. Inizialmente parte integrante del corpo di fabbrica principale, oggi ne resta solo la cappella che contiene la tomba di Leonardo da Vinci.

L'ala detta "di Carlo VIII", anch'essa in stile gotico flamboyant, con gli appartamenti del Re e della Regina.

L'ala Luigi XII, in stile rinascimentale, che ospita appartamenti risalenti al XIX secolo.

Le due torri a chiocciola (Tour des Minimes in omaggio alla figura di San Francesco di Paola, fondatore dell'Ordine dei Minimi, che qui dimorò per ben 24 anni, essendovi stato chiamato dal Re Luigi XI e Tour Heurtault), percorsi coperti destinati a rendere facile l'accesso dei cavalli e dei carri dal livello della Loira fino al piano del Castello.

Sulle terrazze che sovrastano la Loira si trovano ampi giardini, che ospitano tra l'altro un busto di Leonardo e un mausoleo islamico dedicato ai seguaci di Abd el-Kader deceduti ad Amboise mentre quest'ultimo vi era rinchiuso.

Carlo VIII morì ad Amboise nel 1498, all'età di 28 anni, dopo aver battuto la testa contro l'architrave di una porta.

Luigi XII vi fece costruire una seconda ala, perpendicolare alla prima, in stile rinascimentale.

Francesco I vi trascorse l'infanzia e fece ristrutturare l'ala Luigi XII. Nel 1517 invitò Leonardo da Vinci ad Amboise, stabilendone il soggiorno nel maniero di Clos Lucé, situato nei pressi del Castello. Per mettere in comunicazione i due edifici venne scavato un tunnel sotterraneo. Leonardo visse ad Amboise fino alla morte, avvenuta nel 1519, e venne successivamente sepolto nella cappella Saint-Hubert.

Nel 1560 il Castello fu teatro della Congiura di Amboise, che diede l'avvio alle guerre di religione francesi. A partire da Enrico III i soggiorni reali si fecero via via più rari, e gran parte del Castello venne demolita nel corso del Primo Impero francese. Dopo la Restaurazione Luigi Filippo, ereditato il castello dalla madre duchessa di Orléans, liberò i bastioni preesistenti demolendo gli edifici attigui e ridiede lustro all'ala Luigi XII.

sabato 20 ottobre 2012

Il codice da Vinci

Il codice da Vinci ("The Da Vinci Code") è il quarto romanzo thriller dello scrittore Dan Brown, scritto nel 2003 e pubblicato in Italia nel 2004.
Il libro è un best seller internazionale, avendo venduto globalmente oltre 80 milioni di copie.
Dopo il grande successo del romanzo ne è stato realizzato un film diretto da Ron Howard e distribuito dalla Sony Pictures Entertainment, uscito in contemporanea nelle sale di tutto il mondo il 19 maggio 2006, dopo l'anteprima al Festival di Cannes 2006 il 16 maggio.

Sono state fatte numerose parodie de Il codice da Vinci, come "Il codice Gianduiotto", dato alle stampe nel maggio del 2006 dallo scrittore astigiano Bruno Gambarotta, "Il codice Stravinci" di Toby Clements, "Il codice, perdinci!", edito da Sperling & Kupfer, "Il codice Gattuso" del calciatore Gennaro Gattuso e lo spettacolo teatrale in chiave umoristica "Il Codice d'Avincio" di Denny Arrichiello. Lo stesso Riccardo Valla, autore della traduzione in italiano del romanzo originale, pubblicò una parodia dal titolo "Il coccige da Vinci", che ha anche vinto il Premio Italia.

venerdì 19 ottobre 2012

PIN

Il codice PIN (dall'acronimo inglese Personal Identification Number) è una sequenza di caratteri numerici usata solitamente per verificare che la persona che utilizza un dispositivo, ad esempio un telefono cellulare o un servizio, come un prelievo con carta bancomat, sia effettivamente autorizzata a compiere quella operazione in quanto proprietaria del dispositivo.

A inventare il PIN fu lo scozzese John Shepherd-Barron nel 1967, adottando un numero di quattro cifre poiché era la più lunga sequenza che riuscisse a ricordare sua moglie Caroline.

mercoledì 17 ottobre 2012

Pin Floi

Pin Floi è una canzone dei Pitura Freska, estratta dall'album "Na bruta banda", del 1991.
Il brano è dedicato al concerto evento dei Pink Floyd a Venezia, nell'ambito del loro "A momentary Lapse of Reason Tour" realizzato il 15 luglio 1989 e trasmesso in diretta dalla Rai.

La location, la popolarità del gruppo e l'afflusso straordinario di pubblico resero l'evento qualcosa di leggendario, tuttavia i problemi di ordine pubblico e "sostenibilità" socio-ambientale vennero purtroppo a galla sotto gli occhi di tutti, già dal mattino dopo...

Di tutto questo rimane testimonianza, oltre che nelle preziose teche Rai, anche nel brano dei gloriosi Pitura Freska, che come gruppo autoctono non persero l'occasione per tradurre in versi la loro posizione in merito.

martedì 16 ottobre 2012

Atom Heart Mother

Atom Heart Mother è il 5° album del gruppo inglese Pink Floyd.
È considerato un classico degli anni Settanta. È uno dei primi album pubblicati da una major (EMI) a non recare il nome del gruppo in copertina.
Il disco apre la seconda fase della storia dei Pink Floyd e segna un punto di svolta nella loro carriera. Per abbandonare l'immagine di rock spaziale psichedelico dei lavori precedenti (etichetta che non sopportavano), il gruppo tornò in studio dopo massacranti concerti, convinto di doversi costruire una nuova immagine. Avendo sperimentato tutte le possibili varianti tecniche e sonore dei loro brillanti esordi, la strada da imboccare verso un progressive rock più maturo si presentava ardua e senza un punto focale. 
Si decise di procedere come era avvenuto per il brano A Saucerful of Secrets, dell’omonimo album, lavorando tutti insieme e giustapponendo le diverse parti, derivate da altrettante improvvisazioni in studio; a collegare le varie sezioni strumentali, intermezzi parlati oppure complesse sfumature di raccordo tra i vari strumenti.

Tra marzo e agosto furono prodotte due strumentali lunghe e tre brani semplici. La title track (in origine Untitled Epic) era un semplice pezzo per quattro strumenti, ma dopo averlo messo insieme i Pink Floyd si resero conto che era troppo debole e pensarono che un arrangiamento orchestrale l’avrebbe reso più corposo. Ron Geesin, compositore sperimentale, amico di Nick Mason e Roger Waters, conosciuto dal bassista in occasione del lavoro fatto insieme per Music from "The Body", colonna sonora del documentario The Body di Anthony Battersby e Tony Garnett, era la persona giusta. Pioniere della musica sperimentale in Gran Bretagna, aveva molti sostenitori, tra cui il compositore di musica d’avanguardia, Cornelius Cardew.

Il titolo definitivo fu pensato da Nick Mason su suggerimento dello stesso Ron Geesin, che aveva consigliato di leggere qualche buon articolo sul giornale. La notizia di una donna con un pace-maker atomico in attesa di un bambino era suggestiva: Atom Heart Mother titolava il trafiletto.
Sebbene privo di un punto focale l’album diede buoni risultati nelle vendite, raggiungendo la prima posizione nella classifica inglese e la posizione 55 in quella americana.

Nel filmato seguente, la celebre suite iniziale del disco, suddivisa nelle sei sezioni Father's Shout, Breast Milky, Mother Fore, Funky Dung, Mind Your Throats Please, Remergence.


La famosa copertina, ispirata dalla carta da parati con le mucche di Andy Warhol, realizzava un’idea del gruppo che aveva chiesto qualcosa di ordinario ed estremamente semplice, il più lontano possibile dalle immagini dello space rock degli esordi.
Il grafico Storm Thorgerson, incaricato di confezionare la copertina del disco, si recò nella campagna a nord di Londra, e immortalò alcuni splendidi esemplari bovini: la mucca vincitrice (con tanto di pedigree) era una frisona di nome Lulubelle III appartenente al signor Arthur Chalke (che in seguito proverà invano a chiedere un compenso). L'autore definì il suo scatto come "la foto definitiva di una mucca".
Il grafico aveva sottoposto al gruppo altre due idee: un tuffatore su un trampolino e una donna davanti una scalinata, ma i Pink Floyd scelsero la mucca.  La scelta risultò essere anche la più economica: costò poco più di 30 sterline. Quando Storm Thorgerson mostrò la copertina a un funzionario della EMI, ricevette questa risposta: "Ma sei matto? Vuoi rovinare questa casa discografica?'".

Non esiste alcun collegamento tra la mucca e i brani presenti sul disco anche se recentemente lo stesso Nick Mason ha accennato ad una simbologia classica che vede la mucca come rappresentazione della Madre Terra e quindi un riferimento indiretto alla "madre dal cuore atomico", con l'assonanza fra le parole "Heart" ("Cuore") e "Earth" ("Terra").

lunedì 15 ottobre 2012

Gaia

Gaia e' il pianeta Terra, dal nome della divinità greca che lo impersonifica

Gea o Gaia (in greco attico Γῆ, in greco ionico Γαῖα) nella mitologia greca è il Titano femmina che impersona la Terra, identificata nella Dea Romana Tellure.

La Teogonia di Esiodo racconta come, dopo il Caos, sorse l’immortale Gea, progenitrice degli dei dell’Olimpo. Da sola e senza congiungersi con nessuno, ella generò Urano (il cielo stellato), Ponto (le sterili profondità del mare) e le montagne. In seguito, racconta sempre Esiodo, si unì ad Urano dando alla luce i Titani Oceano, Ceo, Crio, Iperione, Giapeto, Teia, Rea, Temi, Mnemosine, Febe e Teti. Dopo di loro nacque Crono, il più giovane, furbo e terribile dei suoi figli, che prese ad odiare il suo potente padre.

Esiodo parla anche della successiva progenie di Gaia ed Urano, dapprima i Ciclopi, giganti con un solo occhio: Bronte, Sterope ed Arge. Poi i tre terribili Ecatonchiri dalle cento braccia: Cotto, Briareo e Gige, ognuno dotato anche di cinquanta teste. Urano rinchiuse i Ciclopi e gli Ecatonchiri nel Tartaro, in modo che non potessero vedere la luce, rallegrandosi di quest’azione malvagia. Questo fatto fece soffrire Gaia (il Tartaro si trovava infatti nelle sue viscere), che così creò un tipo di pietra focaia grigia (Adamantina) e con questa modellò una grande falce con cui radunò Crono e i suoi fratelli, chiedendo loro di obbedirle ed aiutarla. Soltanto Crono, il più giovane, ebbe il coraggio di prendere la falce di pietra che lei aveva fatto e servirsene per evirare il padre quando si avvicinò a Gaia per accoppiarsi con lei. Dalle gocce di sangue mischiato a sperma che la colpirono, Gaia generò le forti Erinni, i Giganti, tra cui Abseo, e le Ninfe del frassino dette Melie. Il membro reciso di Urano, gettato in mare, fecondò le acque dalla cui spuma sorse Afrodite. Urano venne quindi deposto da suo figlio Crono e, nel frattempo, i Titani liberarono i Ciclopi dal Tartaro: Crono divenne il loro re ed iniziò quella che fu chiamata l’età dell’oro.

Dopo che Urano venne evirato, Gaia ebbe ancora un figlio, Tifone dal Tartaro, mentre con Ponto generò le divinità marine Nereo, Taumante, Forcide, Ceto ed Euribia. Crono, però, assunse ben presto il medesimo comportamento del padre Urano e, nel timore di venire spodestato dai figli, divorò man mano che nascevano i figli partoriti dalla moglie Rea. Rea, disperata per i continui abomini compiuti dal marito, si rivolse proprio a Gea nel tentativo di salvare l'ultimo nascituro, Zeus. Gea allora consigliò alla figlia di fare ingoiare a Crono, con l'inganno, una pietra avvolta in fasce e di nascondere il piccolo Zeus presso il monte Ida, in modo tale che, una volta cresciuto, il Cronide, avesse potuto spodestare il padre a sua volta. Divenuto adulto, Zeus liberò con un farmaco dal ventre di Crono i suoi fratelli e, al loro fianco, ingaggiò con il padre una terribile battaglia che durò 10 anni, la Titanomachia. Gea, per favorire il Cronide ed ottenere la sua vendetta, consigliò a Zeus di liberare gli Ecatonchiri ed i Ciclopi, ancora imprigionati nelle sue tetre viscere, per dare una svolta decisiva al combattimento. Vinta la battaglia ed assunto il potere, Zeus punì i Titani sconfitti, gettandoli tutti nel Tartaro; atto che fece adirare Gea, la quale, furibonda per il trattamento serbato ai suoi figli, aizzò i terribili e poderosi Giganti a punire il Cronide e gli altri Olimpici, dando inizio alla guerra conosciuta come Gigantomachia. Grazie all'intervento di Eracle nello scontro, però, gli Olimpici si assicurarono la vittoria e Gea, ancora risentita, chiamò in difesa il figlio Tifone, generato in unione con il Tartaro. Anch'egli, però, dopo uno strenuo combattimento fu sconfitto e relegato in una montagna. Da quel momento in poi le terre furono condivise da tutti i fratelli di Zeus e dagli altri Olimpici.

Nell’arte classica Gea poteva essere rappresentata in due modi diversi:

1) Nelle decorazioni vasali ateniesi veniva ritratta come una donna dall’aspetto matronale che emergeva dalla terra soltanto per metà, spesso mentre porgeva ad Atena il piccolo Erittonio (futuro re di Atene) perché lo allevasse.

2) Nei mosaici di epoca successiva appare come una donna che si sta stendendo a terra, circondata da un gruppo di Carpi, divinità infantili che simboleggiano i frutti della terra.

Nell'arte moderna, tra gli altri, Storm Thorgerson dello studio Hipgnosis ha usato una mucca come simbolo della Madre Terra, come il batterista Nick Mason ha confermato, per la copertina di Atom Heart Mother dei Pink Floyd nel disappunto dei dirigenti EMI

sabato 13 ottobre 2012

Earth (di Google)


Google Earth è un software che genera immagini virtuali della Terra utilizzando immagini satellitari ottenute dal telerilevamento terrestre, fotografie aeree e dati topografici memorizzati in una piattaforma GIS.
Il programma è distribuito gratuitamente dalla società Google. Inizialmente il programma si chiamava Keyhole ed era sviluppato dalla Keyhole, inc. ma nel 2004 la società venne acquisita da Google e il software rinominato di conseguenza. Richiede un sistema operativo Microsoft Windows, Mac OS X o Linux e recentemente Google ne ha sviluppata una versione per telefoni cellulari basati su piattaforma Android, iPhone e iPod Touch. (Wikipedia)

http://www.google.com/earth/index.html



Sting, "She walks this earth"

giovedì 11 ottobre 2012

SHE WALKS IN BEAUTY

by: George Gordon (Lord) Byron (1788-1824)

She walks in beauty, like the night
Of cloudless climes and starry skies;
And all that's best of dark and bright
Meet in her aspect and her eyes:
Thus mellow'd to that tender light
Which heaven to gaudy day denies.

One shade the more, one ray the less,
Had half impair'd the nameless grace
Which waves in every raven tress,
Or softly lightens o'er her face;
Where thoughts serenely sweet express
How pure, how dear their dwelling-place.

And on that cheek, and o'er that brow,
So soft, so calm, yet eloquent,
The smiles that win, the tints that glow,
But tell of days in goodness spent,
A mind at peace with all below,
A heart whose love is innocent!

* Video reading
* Traduzione in italiano

martedì 9 ottobre 2012

Augusta Ada Lovelace Byron

Augusta Ada Byron, meglio nota come Ada Lovelace, nome che assunse dopo il matrimonio con William King, Conte di Lovelace (Londra, 10 dicembre 1815 – Londra, 27 novembre 1852), è stata una matematica inglese, nota soprattutto per il suo lavoro alla macchina analitica ideata da Charles Babbage. I suoi appunti sulla macchina includono quello che è conosciuto come il primo algoritmo inteso per essere elaborato da una macchina, tanto che ella è spesso ricordata come la prima programmatrice di computer al mondo.

Ada fu la sola figlia legittima del poeta Lord Byron e della matematica Anne Isabella Milbanke, e non ebbe alcuna relazione con il padre, che morì quando lei aveva solo 9 anni. Fin da giovane s’interessò alle scienze matematiche, e in particolare al lavoro di Babbage sulla macchina analitica. Tra il 1842 e il 1843 tradusse un articolo del matematico italiano Luigi Menabrea sulla macchina, che incrementò con un insieme dei suoi appunti. Questi studi contenevano quello che oggi viene considerato il primo programma di computer che consiste in un algoritmo codificato per essere elaborato da una macchina.

Sebbene la macchina di Babbage non venne mai costruita, gli studi della Lovelace sono importanti per la storia del computer. Ada Lovelace aveva previsto anche la capacità dei computer di andare al di là del mero calcolo numerico, mentre altri, incluso lo stesso Babbage, si focalizzarono soltanto su queste capacità.

Nel 1842 Charles Babbage fu invitato per dare un seminario all’Università di Torino sulla sua macchina analitica. Luigi Menabrea, un giovane ingegnere italiano, e futuro primo ministro dell’Italia, scrisse sulla conferenza di Babbage in francese, e questa trascrizione fu pubblicata di conseguenza nell’ottobre del 1842 alla Bibliothèque Universelle de Genève. Babbage chiese ad Ada Lovelace di tradurre in inglese alcuni interessanti articoli di Menabrea e di aggiungere le eventuali note. Ada per circa 9 mesi fece questo lavoro che di seguito fu pubblicato in The Ladies Diary e Scientific Memoirs di Taylor sotto le iniziali “A.A.L.”. Nel 1953, più di cento anni dopo la sua morte, furono ripubblicate le note di Lovelace sulla macchina analitica di Babbage. La macchina è stata riconosciuta come un primo modello per il computer e gli appunti di Ada come una descrizione di un computer e software. Le sue note furono identificate alfabeticamente dalla A alla G. Nella nota G, Ada descrive un algoritmo per la macchina analitica per calcolare i numeri di Bernoulli. Generalmente è considerato il primo programma per il computer, e per questo motivo, lei è considerata da molti come la prima programmatrice di computer nella storia. Il linguaggio di programmazione Ada, finanziato e sviluppato dall'United States Department of Defense, è stato chiamato così in suo onore. Il manuale di riferimento per il linguaggio fu approvato il 10 dicembre 1980, ed al relativo Department of Defense Military Standard, “MIL-STD-1815”, fu dato come numero l’anno della sua nascita. Fin da 1988, la British Computer Society ha dato una medaglia nel suo nome e nel 2008 una competizione annuale iniziò per le studentesse di computer science.
Al suo personaggio è ispirato un film del 1997, Conceiving Ada, diretto da Lynn Hershman Leeson, ed è presente nel romanzo steampunk del 1990 La macchina della realtà di Bruce Sterling e William Gibson.

Ada Byron e la macchina analitica


Rear Admiral Grace Hopper

Rear Admiral Grace Hopper (New York, 9 dicembre 1906 – Arlington, 1º gennaio 1992) è stata una matematica, scienziata di computer, progettista di sistemi e ha inventato il concetto di "compilatore" dei programmi software.

Dei suoi contributi intellettuali hanno beneficiato le accademie, l'industria e l'esercito.

Nel 1928 si laurea in matematica e fisica presso il Vassar College.

E' nota in tutto il mondo per la sua attività sul primo computer digitale della marina, il MARK I.

Nel 1949 si unisce a Eckert e Mauchly nella costruzione dell'UNIVAC I.

Lavorò sull'idea del compilatore per fare in modo che il calcolatore fosse in grado di leggere istruzioni scritte in linguaggio naturale, fino a sviluppare il più noto linguaggio di programmazione commerciale, il COBOL. Grace Hopper servì la facoltà della Moore School per 15 anni.

Spese una gran parte della sua carriera inventiva dimostrando che qualunque cosa non sia mai stata fatta prima non è detto che sia impossibile da realizzare.

E' con questo approccio mentale positivo che le capacità della Hopper consentirono lo sviluppo del primo compilatore nel 1952.

Prima dell'invenzione della Hopper i programmatori dovevano scrivere lunghissime istruzioni in codice binario (linguaggio della macchina) per qualsiasi nuovo pezzo di software.

Se pensiamo che il linguaggio macchina è fatto di soli I e O potete immaginare quale sforzo e spreco di tempo tutto ciò poteva creare all'epoca, senza contare gli errori.

La Hopper sentiva che ci doveva essere una soluzione al problema.

Determinata a risolvere la questione, impostò il programma che avrebbe liberato i programmatori dall'esigenza di scrivere codice binario.

Ma non solo, ogni volta che il computer era chiamato a svolgere una funzione già nota, il compilatore gliela avrebbe messa a disposizione prelevandola da una libreria predisposta allo scopo.

Il compilatore, dunque, era una splendida soluzione per risparmiare tempo ed errori, ma la Hopper non si fermò qui.

E inventò il COBOL, il primo linguaggio familiare utilizzabile per scrivere programmi gestionali, linguaggio in uso ancora oggi.

Andò in pensione nel 1986, dopo avere consegnato alla storia il suo prezioso lavoro e l'esempio della sua determinazione a risolvere qualsiasi problema.

Il suo successo fu basato principalmente sulla solida educazione ed una forte volontà inquisitoria. Nel suo ufficio navale teneva appeso un orologio che girava al contrario, per ricordarsi del principio-chiave del successo: molti problemi hanno più di una sola soluzione.


Cyber Heroes of the past: "Amazing Grace" Hopper

La più famosa programmatrice di computer fu conosciuta con vari appellativi, tra cui: "Gran Lady del software", oppure "Amazing Lady" o "Nonnina del Cobol".

Aveva iniziato ad insegnare matematica alla Vassar nel 1931, dove rimase fino a quando entrò a far parte della riserva della Marina Militare degli Stati Uniti, nel 1943, e divenne la prima programmatrice del MARK I, un computer della marina.

L'amore della Hopper per il Mark I cessò dopo pochi anni, quando la sua attenzione fu attratta dall'UNIVAC I, una macchina mille volte più veloce del Mark I.

Nel 1946 venne congedata ed entrò nel Computation Laboratory della facoltà di Harvard, dove proseguì il suo lavoro sul Mark II e Mark III.

Ma nel 1949 si unì ad Eckert e Mauchly alla Computer Corporation di Philadelphia, successivamente chiamata Sperry Rand, dove progettò il primo computer commerciale elettronico da produrre in serie: l'UNIVAC I.

Cambiò la vita di tutti quelli che operavano nel mondo dei computer sviluppando il Bomarc System, divenuto successivamente COBOL (Common Business Oriented Language).

Il COBOL rese possibile ai computer di comprendere le parole anzichè i soli numeri.

E' sempre alla Hopper che venne attribuito il termine "bug" per indicare errori nei programmi, e la cosa nacque da un errore del Mark II che fece impazzire i tecnici, fino a quando scoprirono che un relè non funzionava in modo corretto proprio perchè un insetto vi era rimasto incastrato (vedi figura seguente).

Fu promossa con i gradi di Capitano nel 1973 e nel 1977 venne assunta come consulente speciale al comando, presso il NAVDAC (Naval Data Automation Command), dove restò fino alla pensione.

Nel 1983 Philip Crane dichiarò che era ora che la Marina riconoscesse i meriti speciali di questo ufficiale, richiamato dal pensionamento per lavorare ancora per 15 anni, e che la promuovesse al grado di Commodore. La proposta fu accettata e la Hopper, alla tenera età di 76 anni, fu promossa Commodoro.

Il suo grado fu poi elevato a quello di Ammiraglio nel 1985, facendo di lei una delle rarissime donne ammiraglio della marina statunitense.

Nel 1985 la Navy Regional Data Automation Center costruì un nuovo complesso per la elaborazione dei dati, che venne battezzato: The Grace Murray Hopper Service Center.


Hopper Cray XE6

lunedì 8 ottobre 2012

Commodoro

Il commodoro è un grado militare usato da varie marine militari del mondo ed in varie epoche.

Nella marina olandese esso è riconosciuto ad un capitano di vascello incaricato del comando di più unità navali riunite proveniente dall'antico commandeur ovvero comandante.
Nella marina inglese ed americana è il grado intermedio tra capitano e contrammiraglio.

Il commodoro di seconda classe è immediatamente superiore al capitano di vascello.
Il commodoro di prima classe ha le insegne di grado uguali a quelle di contrammiraglio.

Il grado di commodoro è stato introdotto anche nelle marine della NATO, ma non in quella italiana. Nelle marine militari di Germania, Danimarca, Finlandia, Belgio e Svezia il grado di commodoro è sostituito dal grado di ammiraglio di flottiglia, contrammiraglio.

C64

Il Commodore 64 (abbreviazioni diffuse: "C64", "C-64", "C=64", "CBM 64","64") è un home computer della Commodore Business Machines Inc. commercializzato dal 1982 al 1993 in vari Paesi del mondo.

Il Commodore 64 nasce come evoluzione del Commodore VIC-20. Evoluzione in grado di offrire capacità grafiche e sonore migliori rispetto al Commodore VIC-20 a scapito però della compatibilità software.

Del Commodore 64 sono state commercializzate anche tre varianti: il Commodore MAX, il Commodore Educator 64 e il Commodore SX-64, commercializzati rispettivamente a partire dal 1982, 1983 e 1984. Dal Commodore 64 sono inoltre derivate due console per videogiochi: il Commodore 64 Games System e il Commodore 64 DTV. La prima commercializzata a partire dal 1990, la seconda a partire dal 2004. Evoluzioni del Commodore 64 sono invece il Commodore 128, il Commodore 128D e il Commodore 65, tutti compatibili a livello software con il Commodore 64. I primi due sono stati commercializzati a partire dal 1985, il terzo è rimasto allo stadio di prototipo.

C64

The Beatles, "When I'm Sixty-Four"

When I'm Sixty-Four è una canzone dei Beatles, scritta da Paul McCartney (ma co-accreditata anche a John Lennon) e pubblicata nel 1967 sull'album Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band.


Il tono della canzone si rifà alle atmosfere da music-hall della musica popolare inglese d'anteguerra, sulla falsariga di quelle di George Formby e alle "cartoline dalla spiaggia" di Donald McGill, ma in realtà è una delle prime composizioni di McCartney e veniva già suonata sul palco dal gruppo, ai tempi in cui si esibivano nei club, come riempitivo quando il sistema di amplificazione si guastava. L'autore la rispolverò in occasione del sessantaquattresimo compleanno di suo padre, Jim McCartney, il 2 luglio 1966 e fu quindi inserita nelle sedute di registrazione di Sergeant Pepper.

George Martin, storico produttore dei Beatles, fornisce una curiosa interpretazione della canzone. Nel suo libro di memorie sulla lavorazione dell'album Sgt. Pepper's ("Summer of love - The making of Sgt. Pepper"), Martin definisce il brano «un film dell'orrore, la visione personale di Paul dell'inferno».[1] Con queste parole Martin, intendeva riferirsi alla paura d'invecchiare dell'allora giovane Beatle, esorcizzata sotto forma di canzone garbatamente ironica.
Il brano venne inciso il 6 dicembre 1966, nel corso di una delle prime sessioni in studio per l'ancora senza nome nuovo album del gruppo che sarebbe poi diventato Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band. Nella canzone sono presenti molteplici sovraincisioni, inclusi la parte vocale solista di McCartney (8 dicembre) e i cori in sottofondo da parte di McCartney, Lennon, e George Harrison (20 dicembre). La parte di clarinetto venne registrata il 21 dicembre.[2]

Nello studio di registrazione, l'esecuzione vocale di McCartney fu intenzionalmente accelerata di una tonalità per far sembrare più giovane la voce del cantante, e dare un aspetto maggiormente adolescenziale alla performance canora.

venerdì 5 ottobre 2012

Sixties - Anni sessanta

The 1960s was the decade that started on January 1, 1960, and ended on December 31, 1969. It was the seventh decade of the 20th century. The 1960s term also refers to an era more often called The Sixties, denoting the complex of inter-related cultural and political trends across the globe. This "cultural decade" is more loosely defined than the actual decade, beginning around 1963 and ending around 1974.

Gli anni Sessanta o, se preferite, i "mitici" anni Sessanta come spesso molti amano definirli, hanno rappresentato certamente il decennio caratterizzato dal più importante rinnovamento generazionale che il secolo scorso abbia mai visto. Gli eventi socio-politici e culturali di quegli anni avrebbero infatti inevitabilmente influenzato e modificato profondamente valori, aspirazioni e stile di vita delle future generazioni. Prima la beat generation e in seguito la musica pop, diventano il nuovo modo di espressione dei giovani, che si identificano sempre di più nei loro idoli musicali. Sono gli anni in cui si affermano i media, la cultura pop e la minigonna, che fa emergere una nuova figura femminile che abbandona gradualmente l'etichetta formale in favore di una maggiore espressione di libertà. Nella prima parte del decennio L'Italia risente ancora dei benefici del boom economico, che favorisce le attività economiche ed il progresso della tecnologia. Sono sempre di più gli Italiani che scendono nelle piazze per manifestare i loro ideali politici ed esprimere il proprio dissenso; proprio le piazze saranno teatro, qualche anno più tardi, verso la fine del decennio, delle grandi contestazioni giovanili che culmineranno nella grande rivoluzione culturale del '68.

Il sorpasso (1962)

Elio e le storie tese, "Beatles, Rolling Stones e Bob Dylan"

Dall'album "Craccracriccrecr" (1999)

mercoledì 3 ottobre 2012

Faso

Nicola Riccardo Fasani detto Faso (Milano, 7 aprile 1966) è un bassista italiano.

Faso è il bassista dei gruppi musicali Elio e le Storie Tese, Trio Bobo e Biba Band.

Come ogni componente degli Elio e le Storie Tese nel corso degli anni Faso ha adottato, in maniera più o meno estemporanea, numerosi pseudonimi. Tra questi: "Pranzo", "Niki", "Bassista Nick", "Nicola Ronconi", "Fasacci", "Pasto". Il soprannome Pasto, in particolare, deriva da un curioso errore commesso da un giornalista che così storpiò lo pseudonimo dell'epoca ("Pranzo") nella stesura di un'intervista. Tuttavia, Faso pensò che tale alias potesse suonare come un diminutivo un po' presuntuoso del cognome di Jaco Pastorius, leggendario bassista di cui è fan, e lo cambiò in Faso.

Strumentazione

Tra i molti bassi facenti parte della sua collezione di strumenti, predilige uno Yamaha TRB6P a sei corde, che è quello utilizzato in tutte le sue esibizioni con gli Elio e le Storie Tese. Come raccontato più volte dallo stesso Faso, questo basso fu acquistato ad un prezzo irrisorio, in quanto si trattava di un modello fallato: a causa di un errore del macchinario preposto a realizzare l'alloggiamento per i pick-up, lo strumento fu trapassato da una parte all'altra. Faso decise di acquistarlo ugualmente e di ripararlo: soddisfatto del risultato, decise di tenerlo, ritenendo che le riparazioni avessero influito positivamente sul suono. Per coprire i segni delle riparazioni, Faso collocò sul dorso dello strumento una pecetta di plastica nera, la cui forma e colore sono molto simili a quelle del vano contenente l'elettronica del basso. In maniera ironica, Faso sostiene che quello sia il vano della doppia elettronica immaginaria, che renderebbe il suo basso un modello unico al mondo. Anche se non lo utilizza quasi mai dal vivo (tranne che in brani come "Tristezza"), in alcuni brani ha suonato un basso fretless. La canzone Cateto, contenuta nel primo album, è l'unico caso in cui Faso abbia utilizzato un chapman stick, che però gli fu rubato poco tempo dopo. In seguito a quell'episodio, Faso non utilizzò più tale strumento, preferendo dedicarsi all'uso del basso tradizionale. Inoltre possiede e ha utilizzato soprattutto in studio alcuni Fender Jazz Bass e dei Manne Newport Special a 4 e 5 corde. Nell'Ultimo Tour "Enlarge Your Penis" usa un basso di liuteria Frudua a 5 corde, molto simile a un Jazz Bass.

martedì 2 ottobre 2012

Fasi

Fasi (greco antico: Φάσις, Phasis) era una città antica e dell'alto Medioevo situata sulla costa orientale del Mar Nero, fondata nel VII-VI secolo a.C. come colonia dei greci milesi alle foci dell'eponimo fiume della Colchide, nei pressi dell'odierna città portuale di Poti, Georgia.

Fasi appare in numerose fonti classiche e medievali come pure nella mitologia greca, particolarmente nel ciclo delle Argonautiche. Il nome della città viene altresì riportato da Eraclide, Pomponio Mela e Stefano di Bisanzio come fondata dai milesi. Fasi viene riferita come una polis Hellenis nel Periplo di Pseudo-Scilace e Ippocrate la chiama emporion, ovvero "luogo di commercio". Secondo le fonti classiche, Fasi ebbe la sua costituzione, incluso il Corpus Aristotelicum di 158 politeiai.

La ricerca della città di Fasi ha una lunga storia. Il viaggatore francese Jean Chardin, che visitò la Georgia nel 1670-1680, cercò, sebbene invano, di trovare le prove riguardo all'esistenza dell'antica polis greca alle foci del fiume Fasi (Rioni). Il primo tentativo di identificazione scientifico, basato sull'analisi degli autori classici e bizantini e la sua propria ricerca sul campo, appartiene allo studioso svizzero Frédéric Dubois de Montpéreux, che viaggiò in quella regione tra il 1831 e il 1834.
La conclusione principale di Dubois – condivisa dai principali studiosi di oggi – fu che, a causa dei mutamenti geomorfologici avvenuti nella zona, Fasi dovrebbe essere cercata a est dell'odierna Poti, e che l'antica città fosse stata nel corso del tempo in diversi luoghi.

lunedì 1 ottobre 2012

Fasi Lunari

Le fasi lunari descrivono il diverso aspetto che la Luna mostra durante il suo moto, causate dal suo diverso orientamento rispetto al Sole. Le fasi lunari si ripetono in un intervallo di tempo detto "mese sinodico", pari a circa 29 giorni e mezzo. Il mese del nostro calendario è derivato da esso. Le fasi lunari sono dovute al moto di rivoluzione della Luna e al suo conseguente ciclico cambiamento di posizione rispetto alla Terra e al Sole.

Calendario delle fasi lunari